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C’è il tempo di chi c’è da tanto tempo in Comunità. Chi la vive come una casa, dove si sono condivisi gioie, progetti e progressi, fatiche e insuccessi.

C’è il tempo di chi è nuovo, timido con mille dubbi e preoccupazioni, entusiasmi da raccontare, nuovi scenari e legami da costruire.

La comunità diventa, per il bambino accolto, lo spazio della sua vita attuale, la sua CASA.

É la casa che lo aiuta a rispecchiarsi, a capire ad accettare il suo passato e a trarre spunti per la ricostruzione della propria identità personale.

I minori accolti si ritrovano quindi a lasciare una casa che devono rielaborare, perché è una casa in cui hanno vissuto malessere. E, al contempo, la loro vita prende forma in una nuova casa, quella della comunità, dove è fondamentale che abbiano uno spazio proprio dove poter portare loro stessi, per costruire e ricostruire la loro storia.

Per fare questo è necessario che la comunità come casa, come ambiente di vita, rappresenti un ponte tra un passato di sofferenza da rielaborare ed un futuro di senso. Una casa dove vengono forniti strumenti essenziali per trovare il coraggio di affidarsi di nuovo, di creare legami, di sperimentare l’appartenenza, per identificarsi e diventare sempre più consapevoli.

Spesso i legami e le esperienze vissute in questa fase di vita rimangono come ricordo che fortifica. A volte come risorsa a cui riferirsi in qualche momento di difficoltà.

Non solo. Spesso c’è l’esigenza di ritrovarsi per ricordare le esperienze comuni e condividere quel futuro che nel tempo si è costruito.

C’è il tempo di ciò che è passato, che rimane come memoria, come vissuti.

C’è il tempo di oggi, di cambiamenti e di ridefinizioni, di costruire nel mondo e con il mondo, con la voglia di vivere nel presente e con nuovi sogni da realizzare.

Fatma, coordinatrice della Comunità Socio Educativa 1