Sì, ma quando? C’è una data precisa, sul calendario è segnato il 25 dicembre, oppure è già cominciato da qualche settimana?
Infatti sono già settimane che brillano le luci, che si comprano i regali, che c’è un grande fervore.
Una volta Natale era il 25 dicembre e ricordava la Nascita di Gesù, del nostro Redentore.
Quanti oggi credono ancora a questo? Non è che facciamo una festa di compleanno senza il Festeggiato?
Qualcuno effettivamente la pensa proprio così! O chi non si interessa di Lui, non crede alla sua presenza e alla salvezza che ci ha portato. O chi, facendo memoria di un passato fondato su valori cristiani, manifesta ora la propria sofferenza e disagio perché, più che una festa di compleanno, oggi sembra di celebrare un lutto: quello di un Dio che è morto.
Se guardiamo con ottimismo la situazione attuale, mi sembra di poter evidenziare comunque dei valori che superano o danno risposte alla questione precedente. Mi sembra di poter sottolineare peculiarità e caratteristiche positive di cui prendere atto anche nel clima agnostico in cui viviamo.
Il presepe. È vero che in fabbriche ed uffici pubblici questo segno è stato abolito o quasi, ma non dappertutto, anzi in alcune località sono aumentati i presepi diffusi. Ci sarà pure qualche richiamo turistico e quindi di interesse economico, tuttavia il pensiero e il messaggio viene consegnato comunque ai visitatori.
Le luminarie, l’albero di Natale. In mezzo alle prove della vita, nelle difficoltà che abbiamo, nel buio che attraversiamo, siamo contenti di avere luce che illumina i nostri passi, che rischiara il cammino, che dà sostegno nelle incertezze, che prospetta un futuro chiaro e luminoso. E l’albero di Natale e le luminarie hanno il pregio di procurare tutto ciò.
La festa. Siamo fatti per la gioia. Desideriamo vincere la solitudine e vivere in compagnia. Scopriamo il valore del riposo e quello delle relazioni all’interno delle nostre famiglie, dei gruppi, della società e della Chiesa. Ci piace lo spirito di famiglia dove costruiamo continuamente rapporti di amicizia, di riconoscenza, di disponibilità, di amore, di servizio, di volontariato.
La tenerezza. Siamo fatti per amare ed essere amati. Di un amore che coccola, che tiene tra le braccia, che guarda con spirito materno, che comprende le difficoltà e le ansie, che sostiene i propositi, che fa sentire persone uniche ed irripetibili. A noi che viviamo nel carisma Murialdino fa tanto bene recuperare questi valori nel rapporto educativo tra noi e con i nostri accolti.
Il dono. A Natale ci si scambiano i doni, di tutti i tipi, di qualunque entità, perché si vuole manifestare riconoscenza, creare legami, farci presenti nella vita del prossimo, forse anche farci perdonare qualche cosa, manifestare la nostra gratuità.
Così, credenti e non credenti, ci accostiamo comunque a questo mistero di luce, di pace, di accoglienza, di dono reciproco, di tenerezza, di speranza. E, a chi è cristiano come noi, il compito meraviglioso di testimoniare la Venuta di Cristo nei cuori nostri e di chi amiamo, in particolare in quelli delle persone che il Signore ha messo sulla nostra strada per dare un aiuto materiale, morale, intellettuale e spirituale, capace di sostenere il cammino di crescita e di sviluppo delle proprie capacità.
Soprattutto a noi educatori nei vari ambienti e ruoli in cui siamo inseriti scenda la luce del Bambino di Betlemme e ci dia coraggio e fiducia per continuare la nostra opera educativa.
Buon Natale!
don Marco Demattè