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“Pieni di speranza” è il titolo dato dai giovani dell’oratorio di Lavis all’incontro fatto in questi giorni per iniziare le attività giovanili…

Il Giubileo che la Chiesa vive quest’anno invita ad essere “Pellegrini di speranza”.

“Speranza” una parola condivisa anche nel nostro essere educatori murialdini?

Nel suo discorso più significativo rivolto agli educatori del Collegio Artigianelli, nel 1869, sulla scelta di campo apostolica, il Murialdo diceva:

“La miseria morale dei ragazzi ci deve commuovere molto di più di quella materiale e invece di farci indignare o farci troppo presto perdere la pazienza e la speranza, ci deve animare a lavorare pieni di buona volontà e di compassione con questi infelici, veramente spesso più infelici che colpevoli; come loro forse saremmo anche noi, se anche noi fossimo stati abbandonati”.

A me succede spesso di confrontarmi con l’ultima riflessione del Murialdo appena citata e sento di dover ringraziare il Signore per la famiglia affettuosa e generosa che ho avuto, per i doni ricevuti, soprattutto per il clima di affetto, di famiglia, di comunità che ho sempre respirato nella vita. E nonostante questo a volte “vado un po’ fuori di testa”, mi accorgo che il mio comportamento non è dei migliori, le mie scelte, il mio modo di agire, non sono all’altezza di quanto potrei e dovrei fare, quindi mi scopro a commettere sbagli. In questi momenti, dopo un gesto di stizza e di rammarico, riconosco però che presto mi assolvo, mi perdono, mi scuso, uso tanta pazienza verso di me, anche perché emerge grande fiducia e speranza che ce la farò, che mi comporterò meglio, che vincerò le mie magagne…

È che spesso però… ho speranza, fiducia in me, ma non negli altri. Faccio fatica ad accettare le fatiche altrui, a comprendere il perché di eventuali errori, ad esprimere pensieri ed atteggiamenti di misericordia: perdono me… ma non perdono gli altri!

Anche sul piano educativo, di relazione, di servizio verso le persone che il Signore mi ha affidato e con cui condivido l’esistenza, la quotidianità, la missione, la pedagogia murialdina mi stimola ad assumere e vivere atteggiamenti di accoglienza, di stima nonostante le fatiche, di valorizzazione delle positività, di perdono e di riconciliazione.

Su questo ho fatto una grande scoperta: quando sono riuscito a realizzare queste proposte mi sono sentito meglio, ho recuperato serenità e gioia, sono stato spinto a continuare con speranza il mio itinerario vitale, il mio servizio educativo.

Don Marco Dematté