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L’estate ormai è alle porte e la campagna ci sta regalando i primi frutti, le nostre zucchine ci stanno già dando grande soddisfazione.

Ma è arrivato anche il momento di mettere a dimora le piantine di cavolo cappuccio, che all’inizio del prossimo autunno trasformeremo nei nostri apprezzatissimi crauti.

Esistono diverse varietà di questo ortaggio!

Quelli più conosciuti sono a cuore di bue, quelli a “palla” che ci sono anche viola, teneri e buoni da mangiare in insalata. Quelli più grandi e compatti, invece, sono perfetti per fare i crauti. Questi ultimi fanno parte di una cultivar biennale di Brassica oleracea, appartenente al gruppo delle capitata. Ha la caratteristica di avere le foglie esterne lisce, concave e serrate. All’interno racchiudono le foglie più giovani in modo da formare una palla compatta detta “testa” o, appunto, “cappuccio”.

I ragazzi del Laboratorio per l’acquisizione dei pre-requisiti lavorativi “Villa Rizzi”, assieme agli operatori, in questi giorni si stanno dedicando proprio alla messa a dimora delle piccole piantine di cavolo.

Di prima mattina, ci si infila le scarpe antinfortunistiche, i guanti e via, in direzione dei campi. Dapprima si prepara il terreno, poi con un filo si traccia la linea che dev’essere poi seguita per fare i buchi dove, infine, andranno messe le piantine, creando così un campo ordinato e comodo in cui lavorare.

Come per le altre mansioni, anche in questo caso si allenano diversi pre-requisiti lavorativi. Sono necessarie cura e precisione così da non rovinare le piantine, fare file diritte e fare attenzione a dove si calpesta. Inoltre, ci si sperimenta nella tenuta e nella distribuzione delle energie durante il lavoro, messe alla prova dal primo caldo.

Il lavoro in campagna, infine, facilita anche la relazione ed è un momento in cui i ragazzi si raccontano e si possono affrontare dei pensieri in un setting più libero. In tali situazioni si stimola anche il pensiero sulle sequenze di lavoro e sul perché si lavora in un determinato modo. Si cerca di ragionare su qual è la fase successiva al trapianto, come si annaffia, come si cura la pianta e come si tiene poi pulito il terreno.

Insomma, il lavoro resta sempre il nostro strumento educativo privilegiato perché fonte di pensieri, riflessioni, apprendimenti.

Laura, coordinatrice del Laboratorio per l’acquisizione dei pre-requisiti lavorativi “Villa Rizzi”